OTT
26
2014
Vaucanson, Garrik, le emozioni e i sentimenti
Nel film
La migliore offerta di Giuseppe Tornatore, il protagonista, ossessionato dalla paura di non comprendere come vanno intrattenute e condotte le relazioni amorose, colleziona centinaia di dipinti di donne, tutti di straordinario valore.
Appena può, quindi, si chiude nel bunker dove i quadri sono conservati, e riflette, ma non solo … ama le donne ritratte.
Le sue riflessioni, forse, riguardano le emozioni e il sentimento dell’amore: di cosa sono fatte? … come sorgono? … ci si deve abbandonare ad esse o si devono tenere sotto controllo?
Incapace di darsi risposte rinuncia all’amore, mantiene relazioni gelide e distaccate con chiunque, tranne che con le donne dei suoi quadri. Fino a quando incontra una … musa.
Nel film, Virgil Oldman, dichiara di essersi laureato con una tesi su Vaucanson e si appassiona al recupero di un automa meccanico che si suppone sia proprio di questo genio della meccanica dell’‘700 i cui pezzi vengono trovati nella villa ove si trovano gli oggetti da valutare per la
migliore offerta; verrà aiutato da Robert, un ragazzo “amico” della giovane proprietaria della villa di cui Virgil alla fine si innamorerà.
L’automa viene via via completato da Robert che lo donerà per “sfregio” a Virgil, perduto dal suo sentimento, alla fine della storia.
Pochi si sono presi la briga di approfondire il parallelismo, in divenire, tra Virgil e l’automa.
Jacques de Vaucanson è l’inventore del telaio meccanico per la tessitura e di altri congegni ancora utilizzati nei macchinari tessili. È tuttavia famoso per le
anatomies mouvants (anatomie mobili), automi che volevano riprodurre processi tipici degli esseri viventi (ad esempio, la digestione per la sua famosissima
Anatra digeritrice). Questo tentativo di sintesi tra illuminismo e
sensiblerie è tipica del periodo, … della sua confusa ricchezza.
La nostra discussione verte proprio sull’idea che le emozioni possano essere “guidate” perché, se da un lato sappiamo che ve ne sono alcune che sorgono addirittura prima che la persona ne abbia coscienza (vedi, ad esempio, il lavoro di LeDoux), dall’altro anche sul
Denes Pizzamiglio (una delle “bibbie” degli studenti di psicologia) si legge, nel capitolo dedicato alle emozioni appunto, che esse possono essere poste sotto controllo.
Su questo tema, poi, c’è l’esperienza di coloro che le emozioni cercano di suscitarle “a comando”: gli attori.
Per molto tempo, dall’‘800 fino al XXI secolo l’arte dell’attore è dominata dal metodo Stanislawskij (poi dall’ebreo ucraino Strasberg, emigrato negli USA, attraverso l’Actor’s Studio).
Konstantin Sergeevič Stanislawskij costringe gli attori a studiare ogni gesto a partire dai vissuti dei personaggi interpretati. Di passaggio, ricordiamo che tra i primi Stanislawskij aveva compreso la relazione tra respirazione e gestione delle emozioni.
“
La regia di Stanislawskij, …, costringeva gli attori a scandagliare la vita interiore dei personaggi per creare le sensazioni e gli sati d’animo particolari – e per niente teatrali – dell’opera di Čechov.”
Suler (Leopol’d SuleržickiJ, aiutante di Stanislawskij, n. d. r.)
insegnava agli attori le tecniche yoga di rilassamento , dimostrando il rapporto che esiste tra il controllo della respirazione e la tensione del corpo. (Mel Gordon
Il sistema di Stanislawskij Marsiglio, Bologna, 2014; p.18 e p.29). Su Stanislawskij cfr. anche: Malcovati Fausto (curatore)
Stanislawskij Il lavoro dell’attore sul personaggio Laterza, Milano, 1993 e Konstantin S. Stanislawskij
La mia vita nell’arte Einaudi, Milano, 1963.
Semplificando e banalizzando, Stanislawskij punta sulla compassione per rendere naturale il comportamento dell’attore in scena. In effetti questa non è una novità. Solo a titolo d’esempio Edmund Burke, in riferimento all’arte teatrale, parla della “simpatia” come la passione che ci permette di metterci nei panni dell’altro (Edmund Burke
Ricerche filosofiche Minunziano, Milano, 1945; capitolo
Ricerca sull’origine delle nostre idee del sublime e del bello). Le tesi sono le stesse che hanno permesso ad Adam Smith di assumere posizioni analoghe in
Teoria dei sentimenti morali Rizzoli, Milano, 2008.
Le tesi di un’altra scuola di attori teatrali ci riportano alle “verifiche” che abbiamo messo in campo inerenti alla presunta possibile
meccanicità dei sentimenti e delle emozioni (diciamo, alla possibilità di suscitarle a comando).
In Inghilterra, tra la restaurazione e il romanticismo, opera uno dei più grandi attori teatrali di tutti i tempi: David Garrick. Nel suo
An Essay on acting (W. Bickerton, London, 1744; pp. 5-6) scrive i passi seguente.
ACTING is an Enterteinment of the Stage, which by calling in the Aid and Assistence of Articulation, Corporeal Motion, and Occular Expression, imitates, assumes, or putes on the various mental and bodily Emotions arising from the various Humors, Virtues and Vices, incident to human nature.
La recitazione è uno spettacolo da palcoscenico che, con l’aiuto delle articolazioni, del movimento del corpo e dell’espressione oculare, imita, assume, o inscena le diverse emozioni fisiche e mentali che nascono dai vari umori,vizi e virtù, inerenti alla natura umana.
Per Garrick sia l’attore che lo spettatore vivranno l’emozione attraverso la rappresentazione fisica di gesti, posture e movimenti che normalmente accompagnano quelle emozioni. La possibilità che assumendo i tratti esteriori di un’emozione si possa “riviverla” è stata affermata più volte, in seguito, da uomini di teatro come Sergei M. Ejzenstejn (cfr.
Teoria generale del montaggio Marsilio, Venezia, 1985) e da notissimi psico-fisiologi come William James (
Psycology H. Hol & C., New York, 1892. Cap.
Emotions; pp. 375-379).
Anche al giorno d’oggi i riferimenti non mancano.
Allora? Cosa pensiamo delle nostre emozioni e dei nostri sentimenti (che spesso consideriamo la parte più naturale e autentica di noi stessi)? Chi chiamiamo in aiuto: l’istinto, … l’inconscio?
Che significato attribuire alla frase pronunciata dalla protagonista del nostro film all’orecchio di Virgil (“Qualunque cosa succeda il mio amore è vero”) nonostante dall’inizio lo coinvolga in un tremendo imbroglio grazie ad una impietosa quanto ben architettata finzione? In ogni falso c’è un pezzo di verità? (… altra frase pronunciata nel film).
Mai come questa volta è difficile argomentare. Fortunatamente possiamo continuare a godere delle nostre emozioni e dei nostri sentimenti anche senza le risposte alle domande poste, scoprendo tanta umanità negli amori che ci perdono e a volte ci distruggono o negli ideali che cerchiamo, con intensità differenti momento dopo momento, di realizzare.