MAG
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2017
Thinrush. Programma 2017 – 2018: premesse.
Leggere le parti sottolineate e trarre le conclusioni.
Oltre i 40 anni le persone tendono a subire una serie di cambiamenti importanti a livello fisico. Vediamo alcuni contributi “rivisitati”.
L’invecchiamento è caratterizzato da profondi cambiamenti a livello muscolare: perdita della massa magra (atrofia muscolare), aumento della massa grassa e diminuzione della forza muscolare. Questa perdita muscolare associata al calo della forza muscolare caratterizza la
sarcopenia. I fattori aggravanti sono la sedentarietà ed una nutrizione inadeguata. Misure efficaci come la ripresa dell’attività fisica regolare ed una nutrizione mirata permettono di prevenire e di rallentare questo processo d’invecchiamento muscolare.
Dai 40 ai 50 anni perdiamo l’8% di massa muscolare. Tra i 50 ed i 60 anni, la perdita di forza muscolare può raggiungere 1 a 1,5% per anno. Dopo i 60 2 a 3%. Questo equivale al 50% – 60% circa e anche oltre di perdita muscolare tra i 40 e 80 anni. È un processo fisiologico normale, legato all’invecchiamento. In parallelo, si osserva un aumento della massa grassa con infiltrazione adiposa del tessuto muscolare ed una perdita concomitante della forza muscolare. La
sarcopenia corrisponde ad una perdita significativa della massa muscolare, della forza muscolare e della prestazione fisica. La sedentarietà e l’inattività accentuano ulteriormente questo fenomeno.
Poiché il muscolo è un grande consumatore di glucosio, la perdita di massa muscolare favorisce anche la comparsa di disfunzioni metaboliche e lo sviluppo del diabete di tipo 2.
Cosa avviene durante l’invecchiamento?
I meccanismi implicati nella
sarcopenia (perdita di massa muscolare) sono numerosi e complessi. Le proteine muscolari sono costantemente sottoposte a due processi opposti: sintesi e degenerazione anabolismo e catabolismo), processi che normalmente si equilibrano per mantenere una massa muscolare costante.
Il muscolo invecchiando risponde in modo minore agli stimoli anabolici dell’esercizio muscolare e della nutrizione poiché nel tempo diminuisce la disponibilità di sostanza anabolizzanti (i principali ormoni anabolizzanti sono insulina, ormone somatotropo, somatomedina, e testosterone.). Questo si traduce da uno squilibrio tra la sintesi delle proteine muscolari contrattile e funzionali e la degenerazione di queste proteine, in favore della degenerazione. Così si costruisce meno muscolo di quello che si degrada.
Inoltre,
con l’età, si osserva l’istaurarsi di un’infiammazione di basso grado e di uno stress ossidativo, entrambi hanno conseguenze importanti sul muscolo, favorendo tra l’altro l’infiltrazione di cellule adipose (grasso).
L’invecchiamento comporta anche un rallentamento dei processi di rigenerazione muscolare legato ad una diminuzione del numero e ad una riduzione dell’attività delle cellule staminali. Le capacità rigenerative del muscolo sono dunque ridotte.
Anche l’organizzazione funzionale del muscolo e del suo controllo nervoso si modifica nel corso degli anni con una riduzione globale del numero di fibre muscolari per muscolo, una riduzione relativamente più importante delle fibre muscolari di tipo II (contrazione di tipo rapido) in confronto alle fibre muscolare di tipo I (dette lente) ed una diminuzione delle fibre nervose implicate nel controllo del muscolo (i moto-neuroni).
Nella persona anziana, si osserva anche un aumento della ritenzione degli aminoacidi apportati dall’alimentazione nel fegato e nell’intestino per il loro fabbisogno. Quest’aumento dell’estrazione “splancnica” limita la biodisponibilità postprandiale (periodo che segue il pranzo) degli aminoacidi, i mattoni da costruzione delle proteine, e riduce cosi la risposta anabolica.
La comune convinzione che inevitabilmente perdiamo la massa muscolare a seconda dell’età, sarebbe stata smentita da una ricerca. Ci sarebbero montagne di prove che la perdita di muscolatura avrebbe più a che fare con la mancanza di esercizio rispetto all’età di invecchiamento. Questa conclusione di questo studio è sicuramente una buona notizia per chi corre (e per tutti gli atleti master).
Uno studio condotto dalla Dottoressa Vonda Wright all’UPMC Cener di Medicina Sportiva di Pittsburgh ha valutato la condizione fisica e la forza di alcuni runners masters, compresi ciclisti e nuotatori. I suoi soggetti avevano un’età compresa tra i 40 e gli 81 anni. La Dottoressa Wright ha utilizzato nello studio la risonanza magnetica della parte superiore delle gambe per misurare il contenuto di grasso e la composizione muscolare. Ebbene, il medico
non ha trovato un significativo declino nelle dimensioni della muscolatura o nella forza a causa dell’invecchiamento. Le risonanze magnetiche del quadricipite a 40 anni e a 70 anni erano praticamente identiche. In comparazione, la risonanza magnetica di una persona di 70 anni sedentaria ha mostrato un muscolo rattrappito e coperto di grasso. Quindi dobbiamo usarli per non perderli!
Un precedente articolo comparso su Runnersweb nella rubrica “Ripping Up the Roads”, riferiva che, quando si hanno più di 40 anni, la capacità di economizzare la corsa non diminuisce con l’età. Maggiore è tale capacità di economizzare la corsa, minor ossigeno è richiesto per correre ad un determinato ritmo. Pertanto, un corridore che corre in “economia” può continuare a correre ad una determinata velocità per un periodo più lungo di tempo rispetto a chi è più dispendioso di lui. L’economia del running è un indicatore affidabile delle prestazioni delle gare di distanza.
I risultati di queste ricerche sono davvero una grande notizia. Essere in grado di utilizzare l’ossigeno efficientemente e poter preservare bene la forza muscolare, vuol dire che i masters potrebbero essere in grado di correre veloci durante le gare.
Lo stesso articolo riportava come i runners sopra i 40 anni sono più inclini ad infortuni al tendine di Achille, ai bicipiti femorali e ai polpacci rispetto ai giovani. “La normale usura che si verifica con l’allenamento sembra richiedere tempi più lunghi per i recuperi quando si invecchia, e molti runners over40 continuano ad allenarsi con una frequenza simile ai ventenni”.
Lo studio supporterebbe invece la logica che regimi di allenamenti che non tengono conto dell’avanzare dell’età grazie ai dovuti recuperi, sono fattori che portano ad una grande diffusione di infortuni.
Un altro studio dell’Università del Western Ontario ha invece esaminato i muscoli delle braccia nei corridori a 60 anni rispetto ai 60enni sedentari. Lo studio ha trovato che le braccia in entrambi i casi contengono meno neuroni motori rispetto ai ventenni…
Sfortunatamente (ma logicamente) un tipo di esercizio non preserva la forza muscolare per tutto il corpo. L’adagio “usalo o lo perderai” sembra suonar bene.
Una ricerca del Canadian Centre per l’attività e l’invecchiamento presso l’Università del Western Ontario ha invece scoperto che
i muscoli degli arti inferiori nei corridori sia a 60 anni che a 20 anni contenevano lo stesso numero di unità motorie, cioè i motoneuroni (la riduzione delle unità motorie è considerata un fattore chiave per la correlata perdita di massa muscolare nella vecchiaia). In comparazione, le persone sedentarie a 60 anni mostravano una diminuzione del 35% degli stessi motoneuroni rispetto a quanti ne avevano a 20 anni.
Diciamo che è possibile, se non arrestare, almeno rallentare questo andamento “entropico” dell’apparato muscolo-scheletrico. Parlo dell’apparato perché le conseguenze positive dell’esercizio fisico, soprattutto come vedremo di un certo tipo di esercizio, permettono il mantenimento della salute anche delle ossa, salute il cui parametro determinante da valutare è la densità.
Per mantenere la massa muscolare è indispensabile lavorare con esercizi ad alta intensità; per la persona oltre i 40 – 50, anni a basso impatto. E per tutti i muscoli!
Il lavoro aerobico produce cortisolo, una sostanza (“disinfiammante”) che rallenta il metabolismo. Quando una persona fa “una bella sudata” grazie allo jogging può credere di aver fatto necessariamente un “buon lavoro”; in realtà suderebbe di più se accettasse e fosse in grado di svolgere un lavoro anaerobico (lattacido) consumando più calorie e senza produrre cortisolo (mantenendo inoltre più facilmente tutta la massa muscolare).
Non è possibile mantenere il controllo del peso nel tempo con allenamenti poco intensi e poco frequenti; ritengo appena sufficienti almeno 3 allenamenti ad intensità medio alta; inoltre è necessario impegnarsi a fondo al fine di consumare una discreta quantità di calorie e di mantenere alta, per quanto è possibile, la percentuale di massa magra. Soprattutto la quantità di massa muscolare va preservata mantenendola il più possibile poiché il suo solo mantenimento comporta l’impiego di “energia” e quindi un’adeguata attività metabolica.
Indispensabile poi lavorare sull’equilibrio e sulla mobilità articolare e sull’elasticità!
L’alimentazione va posta sotto controllo, non solo in termini di quantità di calorie, ma anche in termini qualitativi. Nel tempo, per motivi metabolici e legati alla salute dell’apparato scheletrico, sono da preferire proteine di origine animale coniugati con certe specifiche tipologie di cereali e accompagnati con verdure (il tradizionale minestrone di orzo e lenticchie sembra preparato da un nutrizionista).
Ok a uova e a formaggi molto stagionati e /o di capra e pecora. Carni via via sempre più “bianche”.
La
somatomedina o IGF-1
Il fattore di crescita insulino simile (IGF-1 insuline-like growth factor), conosciuto anche con il nome di somatomedina, è un ormone di natura proteica con una struttura molecolare simile a quella dell’insulina. L’IGF-1 riveste un ruolo importantissimo nei processi di crescita del bambino e mantiene i suoi effetti anabolici anche in età adulta.
Questo potente ormone viene prodotto soprattutto a livello epatico, ma anche nei condrociti che regolano la sintesi di cartilagine, nei fibroblasti e in altri tessuti.
Una volta prodotto, L’IGF-1 viene liberato in circolo, dove si lega a speciali proteine chiamate IGF-BP (IGF-binding proteins o proteine di trasporto dell’IGF1). Queste sei proteine ne aumentano l’emivita plasmatica (da 10 minuti a 3-4 ore) prolungando così il tempo di permanenza dell’ormone in circolo.
L’IGF-1 ha attività insulino simile e promuove la proliferazione e la differenziazione cellulare, soprattutto a livello cartilagineo e muscolare (promuove l’attivazione delle cellule satellite). Le funzioni biologiche della somotomedina si svolgono sia con meccanismo autocrino sia parocrino / endocrino a seconda che i tessuti bersaglio siano gli stessi che lo producono (autocrino) o altri (parocrino se raggiunge tali tessuti con il liquido extracellulare, endocrino se il fluido di trasporto è il sangue).
La produzione locale di IGF-1 è molto importante perché molti effetti di questo ormone ricadono direttamente sulle cellule vicine (meccanismo paracrino). A livello muscolare esiste, per esempio, una isoforma di IGF-1 chiamata MGF (fattore di crescita meccanico).
Come tutti gli ormoni di natura proteica anche l’IGF-1 ha bisogno di specifici recettori cellulari per espletare la propria azione. Tali recettori si concentrano soprattutto in alcuni tessuti come quello muscolare, osseo, cartilagineo, cutaneo, nervoso e renale. La loro attività è molto simile a quella dei recettori per l’insulina e non a caso, una piccola quota di somatomedina viene captata proprio dai recettori insulinici. Accanto all’IGF-1 sono state scoperte altre due proteine, chiamate IGF-2 ed IGF-3 con attività analoga all’IGF-1.
Molte azioni del GH sono mediate dall’IGF-1 e viceversa. Al contrario della somatotropina (GH = “ormone della crescita”) i livelli plasmatici di somatomedina sono relativamente costanti durante la giornata e non subiscono le fluttuazioni tipiche degli altri ormoni anabolici, secreti a ritmo circadiano (GH, testosterone).
Le concentrazioni di IGF-1 aumentano gradualmente nell’età infantile e nella pubertà , per poi calare nell’età adulta. Nei soggetti obesi, nonostante i livelli di GH siano ridotti i livelli di IGF1 rientrano nella norma. Deficit di IGF-1 e carenza o ridotta funzionalità dei suoi recettori, si riscontrano nei ritardi di crescita (nanismi), in casi di insufficienza epatica, nell’ipotiroidismo e nei diabetici.
Fisiologicamente i valori più bassi si riscontrano nell’infanzia e nella terza età . Tuttavia questo declino legato all’invecchiamento può essere prevenuto da un adeguato livello di attività fisica.
L’IGF-1 è dunque un potente fattore di crescita cellulare, un ormone dalle forti proprietà anaboliche i cui meccanismi di azione non sono ancora stati completamente chiariti. A livello osseo, per esempio, stimola l’attività dei condrociti, le cellule deputate alla sintesi di nuova cartilagine e favorisce l’attività degli osteoblasti, aumentando il trofismo osseo.
Molti di questi effetti dipendono dall’interazione con il GH. Tale associazione aumenta la ritenzione dell’azoto (bilancio azotato positivo), stimola l’attività delle cellule satellite, favorisce lo smaltimento del tessuto adiposo in eccesso e migliora la sintesi di DNA, RNA, collagene ed acido ialuronico, grazie allo stimolo sull’azione dei fibroblasti.
Attualmente la ricerca si sta concentrando sull’utilizzo di questo ormone nella cura di patologie come il diabete, l’osteoporosi, la distrofia muscolare ed il nanismo. Tali malattie sono infatti correlate a ridotti livelli plasmatici di IGF-1.
Aumentare la secrezione di F-1 in modo naturale
l’attenzione di molti sportivi. Tuttavia il ridotto numero di studi sull’efficacia e sui possibili effetti collaterali di una somministrazione esogena e la relativa dipendenza da un ormone ben più studiato e popolare come il GH, hanno in parte smorzato l’entusiasmo per questo peptide.
A questa classe di ormoni viene infatti attribuita una serie impressionante di attività benefiche, a volte quasi miracolose, che trovano terreno fertile nel comune desiderio di raggiungere o mantenere bellezza, prestanza fisica, forza e giovinezza.
In attesa di studi che rilancino le proprietà di questo ormone e della nascita dei soliti integratori a presunta azione stimolante, vediamo qualche consiglio generale per aumentare la sintesi di IGF-1 in modo naturale.
La maggior parte delle macchine costruite dall’uomo non migliora con l’uso, anzi, spesso e volentieri accade il contrario. Il nostro organismo però funziona diversamente e come sa benissimo chi frequenta il mondo delle palestre, più si usano i propri muscoli e più forti si diventa. D’altra parte, come sanno benissimo gli astronauti, se il muscolo non viene sollecitato con regolarità tende all’atrofia, ovvero ad un’involuzione delle sue caratteristiche di forza, elasticità e resistenza. Medesimo discorso può essere fatto per l’IGF-1.
Essendo un ormone anabolico, la sua massima stimolazione avviene durante esercizi ad alta intensità con forte produzione di acido lattico. Il bodybuilding sembra dunque l’attività più indicata per aumentare la secrezione e gli effetti benefici dell’IGF-1. Nello specifico il massimo stimolo si ottiene con allenamenti ad alta intensità che non superino i 45 minuti. Tale tipologia di allenamento può tuttavia essere praticata soltanto da atleti sani ed esperti, mentre è sconsigliata per diabetici, ipertesi, cardiopatici e per chi soffre di seri problemi articolari. In questi casi sono più indicate attività di tipo aerobico come la corsa od il ciclismo che, pur avendo un’efficacia minore, contribuiscono senza dubbio a rallentarne il processo di invecchiamento.
Un’alimentazione ricca di proteine contribuisce a potenziare gli effetti dell’IGF-1 e per certi versi a stimolarne la secrezione, a patto che non si esageri con le dosi. Ricordiamo infatti che anche le proteine, se assunte in eccesso, affaticano inutilmente l’intero organismo. Le scorie prodotte, aumentando l’accumulo di tossine, favoriscono la deposizione di grasso e il decremento della massa muscolare, diminuendo l’efficienza dell’organismo. L’alimentazione dovrà quindi essere anche ricca di acqua, fibre e vitamine. I consigli proseguono a questo punto con le raccomandazioni di routine come l’astinenza da alcolici, droghe e fumo, l’osservanza del giusto periodo di riposo notturno e la riduzione dello stress.
Tratto da
http://www.my-personaltrainer.it/fisiologia/ormoni/igf1-somatomedina.html
La somatomedina
L’Igf-1 (Insulin-Like-Growth-Factor 1, la
somatomedina o fattore di crescita simil insulinico) è un
ormone peptidico (formato da
aminoacidi)
molto potente, così denominato grazie alla sua similitudine con l’insulina, sia nella composizione che nell’utilizzare gli stessi recettori all’interno delle cellule. La funzione dell’Igf-1 è però totalmente diversa da quella dell’insulina, infatti si occupa di promuovere la crescita delle cellule del nostro corpo. La sua emivita è di soli 10 minuti, quindi ha bisogno di speciali proteine di trasporto (Igf Binding Protein: Igfbp) per rimanere attivo 12-15 ore nel nostro organismo.
Tali proteine sono prodotte dal fegato, permettendo così un rilascio graduale di tale ormone (solo l’Igf-1 libero è biologicamente attivo). L’Igf-1 è prodotto principalmente dalle cellule del fegato (in forma minore anche da molte altre cellule del nostro corpo) su stimolazione dell’ormone del Gh.
Il Gh funge da acceleratore della produzione endogena dell’Igf-1, ma nello stesso tempo questo ormone inibisce la produzione di Gh (feedback di controllo), attivando la produzione di somatostatina (ad opera della ghiandola pituitaria). In tal modo il nostro organismo regola la giusta quantità di Igf-1. Come abbiamo detto L’Igf-1 è molto potente e riesce ad influenzare la crescita cellulare, già con una concentrazione di appena 0,2 milionesimi di grammo per millilitro sanguigno. L’Igf-1 vede la sua maggiore produzione nella pubertà, in quanto insieme al Gh ed al testosterone, promuove la crescita degli organi sessuali, dello scheletro e della massa muscolare del bambino, trasformandolo in un essere adulto. Quindi solo dopo i 20 anni di età, la produzione endogena di Igf-1 diminuisce progressivamente.
Le altre funzione dell’Igf-1
L’Igf-1 contribuisce ad attivare il metabolismo dei grassi, diminuendo in tal modo il tessuto adiposo del nostro corpo.
L’ Igf-1, promuovendo la fase anabolica, stimola l’assorbimento degli aminoacidi per la costruzione dei muscoli, delle ossa (stimolando gli osteoclasti) e delle cartilagini.
Diverse ricerche stanno verificando l’utilizzo di Igf-1 per la cura di patologie quali l’osteoporosi, la distrofia muscolare, il nanismo e le malattie neuronali.
I promotori dell’Igf-1
La
melatonina è un ormone essenziale per l’attivazione dell’ormone del Gh, che a sua volta promuove la produzione di Igf-1. Infatti nell’uomo adulto si riscontrano picchi di produzione endogena di Igf-1 nella fase notturna (quando è presente il picco di melatonina), soprattutto quando raggiungiamo la fase Rem.
Un altro promotore dell’Igf-1 è l’acido lattico che danneggiando le fibre muscolari, attiva di conseguenza la produzione endogena di Igf-1. Nello specifico l’attività fisica più efficace è quella che impegna le fibre muscolari di tipo 2b (fibre bianche), le quali non possedendo i mitocondri, assicurano una maggior produzione di acido lattico. Stiamo ovviamente parlando di attività sportive quali la velocità (corsa, bicicletta, aerobica) o la pesistica.
Per quanto riguarda l’alimentazione, gli amidi e gli zuccheri causando la produzione di molte scorie acide (che danneggiano le cellule) attivano il sistema di riparazione e quindi la produzione di igf-1 endogeno.
Inoltre ci sono degli alimenti che contengono l’igf-1 prodotto da animali, che sembra agire come quello autoprodotto dall’uomo. Stiamo parlando del latte vaccino e di altri animali (capre, pecore e bufale) e dei prodotti caseari freschi (formaggi molli, mozzarella, etc.). I formaggi stagionati possiedono molto meno Igf-1 perché le proteine di trasporto sono state degradate dal processo di stagionatura.
La diminuzione dell’Igf-1
La giusta quantità di Igf-1 è essenziale per il nostro metabolismo, in quanto la sua penuria causa un accelerazione dei sintomi della vecchiaia e delle malattie correlate. Le cause principali della mancanza di Igf-1 sono riscontrabili nella produzione eccessiva di cortisolo, il quale inibisce la produzione del Gh, che a sua volta non riesce più a stimolare il fegato alla produzione dell’Igf-1.
È essenziale riuscire a dormire profondamente durante la notte (quando si registra il picco di Igf-1). Un altro ormone antagonista è l’insulina capace di eliminare l’Igf-1 dal sangue, semplicemente perché utilizza gli stessi recettori delle cellule. Infatti la presenza dell’ormone Igf-1 impedirebbe alle cellule di subire l’azione dell’insulina e quindi tale ormone distrugge le proteine di trasporto dell’Igf-1, facendolo degradare velocemente.
http://lecurenaturali.it/come-funziona-il-corpo-umano/corpo-umano/la-somatomedina-o-fattore-di-crescita-igf-1