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03 16 2015
Comte, Huoellebecq e Anassagora
Secondo Comte, il padre del positivismo, la consapevolezza degli esseri umani evolve secondo una sequenza nella quale possono essere identificate tre fasi o stadi (già presente in G. Vico):
  1. Uno stadio  teologico. Rappresenta la modalità propria dei primordi dell’umanità: le cause dei fenomeni sono “magiche”, divine o comunque soprannaturali. I regimi o i sovrani in auge detengono il potere spirituale e, anche grazie a quello militare, quello temporale. Da Amenofi IV, quasi ciclicamente alcuni uomini tentano di far passare come naturale la relazione tra un codice d’ordine morale (proveniente da un Dio, eventualmente anche attraverso un “profeta”) e l’amministrazione della giustizia e della res pubblica; ciò per ricavarne un potere mai discutibile.
  2. Il secondo è uno stadio metafisico. Viene descritto come la giovinezza del pensiero: forze come la “natura”, l’“evoluzione” o gli dei del caos governano secondo leggi che possono essere definite e hanno una loro logica. Gli uomini diventano più consapevoli e padroni del loro destino non essendo più in balia di una divinità, ma interagendo con un sistema di cui possono conoscere i meccanismi regolatori.
  3. Lo stadio positivo. È la fase del trionfo della ragione (intelligenza) e della libertà. Ogni prassi può essere definita adeguatamente, eventualmente (ri-)valutata e corretta. Ci si avvia verso un progresso e un benessere senza limiti necessari.
Sempre con Comte, parallelamente, ricostruendo lo sviluppo delle società secondo una vera e propria  filosofia della storia, si possano individuare tre momenti che rispecchiano i tre stadi appena descritti: -      epoca teologica, in cui ,come abbiamo visto il potere spirituale è la fonte degli altri poteri. La guerra è conquista ma, soprattutto, origine di una conversione forzata religiosamente e di una attrizione, socialmente e politicamente apprezzabili. -      epoca metafisica, sorge il pensiero critico. -      epoca positiva, con l’affermazione del pensiero teso a costruire il “bene dell’umanità” o almeno un progresso non dannoso e, soprattutto ineludibile e irreversibile. Evidentemente Comte deve aver compiuto una serie di errori. Innanzitutto l’ineludibilità del progresso. Come possiamo facilmente vedere oggi, lo stadio / epoca teologica non solo “sopravvive”, ma si sta in qualche modo espandendo a prescindere dalla cultura ove cerca di attecchire o altri paradigmi come la forza militare degli antagonisti, ecc. Certo gli scenari risultano complessi, ma tant’è! Il secondo riguarda la irreversibilità: anche in questo caso vediamo persone cresciute in culture “positiviste” che si muovono verso posizioni, secondo Comte, più originarie. Questo implica che la ragione possa tornare indietro, ovvero possa abdicare, nonostante ogni prova scientifica, di fronte a rappresentazioni più primitive. Il termine “primitivo” offende qualcuno? Si deve in ogni caso dire che alcune culture del passato hanno mostrato di resistere all’avanzare della ragione, ma non con la virulenza propria dei fatti di oggi. Anassagora, per molti versi orientato a mettere in valore l’intelletto, fu costretto all’esilio nella Grecia di Pericle, a causa della spiegazione del moto dei pianeti che superava la rappresentazione del cielo come abitazione delle divinità, ma non fu arso vivo! E nessuno mai si sognò, fino al medioevo, di distruggere testi o opere d’arte in quanto pericolose per la morale umana. C’è quindi da chiedersi come possa un’intelligenza che comprende, a livello del singolo o a livello sociale, ritornare sui suoi passi, … regredire. Ce lo fa capire e vivere Michel Houellebecq: il suo romanzo Sottomissione inizia come una nuance “gialla” alla 1984 e poi annoia, rende apatici. Così perdiamo interesse per quel che accade nel libro come la società francese, sua protagonista nel romanzo, che si adatta ad una cultura meno “libertaria” o se si vuole più “orientata”. Si potrà discutere molto se la colpa di questo fenomeno sia dei media (cfr. Marshall McLuhan – passim), della vita troppo o troppo poco comoda; tuttavia la cifra della nostra società è senz’altro a mio avviso, il disimpegno, il disinteresse per ogni forma di etica (anche “pragmatica”), il coltivare la mera sopravvivenza, soprattutto intellettuale, il non cambiamento, insomma. Parafrasando Sartre: l’uomo si sceglie e se si sceglie stupido allora sarà stupido … e tanto peggio per noi.
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