OTT
23
2014
Gregory Bateson, un genio del ’900
Presso la città dove vivo esiste una scuola di psicoterapia. È dedicata al primo famoso lavoro di Gregory Bateson. Per questo motivo rimasi stupito quando alcuni specializzandi mi chiesero lumi sul suo lavoro e le sue tesi: non capivo perché la direttrice-fondatrice della scuola rispondesse evasivamente alle loro richieste, così come mi raccontavano. Durante il primo incontro con quest’ultima ebbi la risposta alla mia domanda …
Ad oggi l’Organizzazione non ha un blog e quindi … anche per questo motivo ho deciso di scrivere una serie di articoli su Bateson.
Sicuramente l’opera di questo autore è complessa e lui stesso aveva difficoltà a spiegarla ai suoi allievi come viene riportato (in effetti l’ebbi anch’io con il mio “pubblico”).
Per qualche tempo tenni un corso informale per gli ospiti del reparto psichiatrico del Veterans Administration Hospital a Palo alto, cercando di indurli a riflettere un po’ sulle idee contenute in questi saggi. Essi seguivano diligentemente, e anche con acuto interesse, ciò che dicevo, ma ogni anno, dopo due o tre lezioni, veniva fuori la domanda: “Qual è l’argomento di questo corso?” (Verso un’ecologia della mente Adelphi, Milano, 1993; p. 21).
Inizierò proprio dal testo appena citato passando poi agli altri. Chiarirò tutti i concetti fondamentali come esempio quello di schismogenesi e tratterò delle sue argomentazioni più impattanti come, ad esempio quello relativo alla schizofrenia. Farò riferimenti ad altri autori e opererò collegamenti con altri domini, anche perché … Wikipedia dà già una buona definizione i schismogenesi.
Bene, cominciamo. Inizieremo con la parte introduttiva dell’opera
Verso un’ecologia della mente e dei
Metaloghi (sempre contenuti in questo lavoro).
Una delle prime cose da comprendere in Bateson è che i contesti di informazione entro i quali avviene la comunicazione (nelle relazioni inter- e intra-personali, nella formalizzazione di verità scientifiche, ecc.) possono essere più o meno accurati; questo al di là della ricchezza delle informazioni contenute dal contesto stesso.
L’insieme di informazioni inerenti alla neve è molto diverso tra gruppi di soggetti abbastanza ben identificabili; ad esempio, gli atleti di slalom della coppa del mondo di sci, gli eschimesi o gli algerini.
Ma la puntualità delle informazioni possedute da un soggetto, a prescindere dal gruppo di appartenenza, è funzione del processo attraverso il quale quelle informazioni sono state formulate (non della quantità di dati in uscita o processati).
L’ecologia della mente è un’ecologia delle idee (della loro strutturazione) e quindi, Bateson chiarisce, il libro ha due livelli: tratta contenuti e cerca di mettere a punto un metodo (peraltro anch’esso in discussione, … in progress).
È la qualità del metodo messo in campo che fa si che le argomentazioni attorno ad un problema (una questione) diventino produttive (acquistino significato); se la qualità è alta tali argomentazioni possono avere un valore scientifico.
Esistono evidentemente alcune difficoltà nell’analisi di un processo, per ogni fenomenologia; innanzi tutto non è possibile osservarne uno se non assieme ai contenuti che attraverso di esso vengono espressi.
Circa i contenuti, i dati, le informazioni, è necessario ricordare che essi non sono mai “puri”. …
“
… i dati non sono eventi o oggetti, ma sempre registrazioni o descrizioni o memorie di eventi o di oggetti. Tra lo scienziato e il suo oggetto interviene sempre una trasformazione o registrazione dell’evento grezzo: …. Inoltre, sempre e inevitabilmente ha luogo una selezione dei dati, poiché la totalità dell’universo, passato e presente, non può essere osservata da alcun singolo punto d’osservazione assegnato.” (ivi pp. 22 e 23).
Vedremo che un’alta problematica riguarda l’uso del linguaggio verbale ….
In ogni caso l’autore dichiara che è nella relazione tra contesto (il processo e il contenuto tra essi embricati) e significato che sta la differenza tra le scienze “esatte” e il tipo di scienza che egli vuole creare. Il suo intento, visibile nei Metaloghi, è quello di trattare informazioni più puntuali possibili con processi di alta qualità. In questo modo i fondamenti della sua nuova scienza potranno avere pressoché lo stesso valore delle verità matematiche.
Le scienze “esatte” sono invece criticate da Bateson; il termine infatti va posto tra virgolette. Infatti Bateson distingue la produzione di conoscenza, ottenuta all’interno delle teorie scientifiche mediante processi induttivi, da quella formulata grazie a deduzioni di tipo matematico.
Di passaggio ricordiamo che Bateson annovera tra quelli che egli definisce i “principi fondamentali” i teoremi di C. E. Shannon e W. Weaver inerenti alla Teoria matematica della comunicazione. Inoltre tra le persone che cita nella prefazione troviamo Norbert Wiener e John von Neuman relatore della tesi di laurea di John Nash sui Giochi non cooperativi.
La sua insoddisfazione per il modo di procedere delle scienze del comportamento si trova in più punti.
“
È perfino troppo evidente che la gran maggioranza dei concetti della psicologia, della psichiatria, antropologia, sociologia ed economia contemporanee sono affatto isolati dalla rete dei principi scientifici fondamentali. … allo stato attuale delle scienze del comportamento: una massa di speculazioni quasi-teoriche distaccate da qualunque nucleo di conoscenza fondamentale.” (ivi pp. 24 e 25).
C’è poi l’immagine delle “ipotesi soporifere” come l’oppio cui viene assimilata la proliferazione di ipotesi predittive di ordine induttivo …. Alla fine sugli “operatori”:
“
Il sedicente scienziato del comportamento che non sa nulla della struttura di base della scienza, e nulla dei temila anni di scrupolosa riflessione filosofia e umanistica sull’uomo – che non sa definire l’entropia o un sacramento – farebbe meglio a starsene tranquillo piuttosto che aumentare il caos di ipotesi abborracciate esistente.” (Ivi p. 26).
Chissà quanti soggetti tra quelli di cui parla Bateson conoscono il secondo principio della termodinamica o sono in grado di spiegare l’equilibrio di Nash …. Comunque, procediamo.
Grazie ad un brano della Genesi, Bateson, infine, chiarisce su cosa intende focalizzarsi per definire una metodologia deduttiva per la scienza del comportamento. In sintesi:
- La materia è poco importante.
- Un tema decisivo è invece l’origine dell’ordine. Materia e informazione / energia sono quindi domini diversi.
- L’ordine è una questione di distribuzione e divisione operata da un essere senziente provvisto di organi di senso.
- Il primo risultato dell’attività di ordinamento è il “… mistero della classificazione, seguito poi dalla straordinaria impresa umana dell’assegnazione dei nomi.” (… come si diceva prima, anche l’uso del linguaggio non è un fattore neutro).
Passiamo ai Metaloghi
Si tratta di una serie di dialoghi con la figlia che si configurano come una discussione su (un) metodo di analisi / strutturazione di contenuti linguistico-semantici ed insieme un esempio di applicazione del metodo stesso.
Perché le cose finiscono in disordine?
L’idea centrale della figlia di Bateson è che le cose vanno in disordine
da sole. Per questo motivo, con una certa frequenza, è necessario riordinarle.
Innanzi tutto, dopo aver chiarito che
le cose sono l’oggetto e non il soggetto di questo andare in disordine, Bateson chiede che venga definito “ordine”.
Si scopre, evidentemente, che ogni soggetto ha un proprio modo di ordinare le cose e quindi una propria rappresentazione personale di disordine.
Ci si accorda su una ri-definizione della domanda iniziale che diventa: “Perché le cose finiscono in un modo che Cathy chiama < non ordinato>?”
Una delle conclusioni riguarderà il fatto che meno
loci vi sono perché qualcosa sia connotabile, per un dato soggetto, come ordinato, tanto più facilmente le cose “andranno” in disordine.
In altri termini se incremento l’agitazione entropica di un sistema, tanto più, irreversibilmente, mi allontanerò dall’ordine.
“
C’è solo un modo di scrivere A Capri. … ci sono milioni e milioni di modi di sparpagliare sei lettere su un tavolo.” (Ivi p. 39).
Se si “agitano” le lettere poste sul tavolo a formare il
titolo del film, esse vanno in disordine e sarà praticamente impossibile che agitandole ancora esse tornino in ordine.
La conclusione: siccome vi sono infiniti
modi disordinati, le cose andranno sempre verso il disordine e la confusione.
Al di là della particolarità della discussione tra padre e figlia, forzata quest’ultima a comprendere concetti che risultano di una certa complessità anche per un adulto, la conclusione si presta a molti commenti.
Personalmente, ad esempio, mi è sempre piaciuto sottolineare come il sentimento della collera colpisca più facilmente le persone che hanno “un’idea precisa di come dovrebbero andare le cose” mentre persone più duttili o
uomini senza qualità, vivono molto meglio. Paradossalmente quindi, gli idealisti, devono tenere sotto controllo il surplus di energia che sorge dal vivere nel mondo reale; in una condizione, quindi, affatto diversa da quella da loro sognata.
A voi i commenti.
P. S. sull’irreversibilità di certi stati: “Se guardi il tuo acquario e hai una voglia pazza di farti una frittura … dopo non potrai più avere un acquario.”
Dei giochi e della serietà
In questo metalogo si tratta di come determinati contesti di informazione necessitino di essere perturbati per poter produrre flussi di nuovi dati.
Per la figlia di Bateson chi gioca bene non imbroglia; chi lo fa dimostra di considerare il gioco “come se fosse una cosa seria” in quanto interessato ad un possibile guadagno mentre chi sa giocare bene prende le cose “sul serio” ovvero non le mistifica attraverso l’imbroglio.
Bateson concorda eppure vuole riconoscere al gioco uno statuto diverso rispetto alle altre attività; un certo grado di incoerenza fa sì che si possa evitare di ripetere “i vecchi clichés che tutti hanno ripetuto per secoli”. Ancora:
“
Se non ci cacciassimo nei pasticci, i nostri discorsi sarebbero come giocare a ramino senza mescolare le carte. …per pensare idee nuove e dire cose nuove, dobbiamo disfare tutte le idee già pronte e mescolare i pezzi.” (ivi p. 49).
Si scopre poi che le strutture semiologiche che si destrutturano debbono in ogni caso essere archiviate, per essere ri-utilizzate con un certo ordine, ma Baateson non sa quale ordine sia.
Dopo una breve digressione grazie alla quale quando si gioca non sempre si giochi uno contro l’altro (interessante precisazione tra giochi cooperativi e non cooperativi) si inizia a parlare di regole: Una delle conclusioni riguarda il fatto che le strutture di idee devono “stare in piedi” grazie alla logica … soltanto logica. È la logica che ci fa evitare troppi “pasticci”.
Ad un certo punto tuttavia la figlia dell’autore gli fa confessare che la struttura del “gioco” viene retta da regole che quest’ultimo definisce … senza averla consultata.
Alla fine Bateson conclude che si gioca proprio per scoprire quali siano le regole … del gioco.
Insomma questo metalogo mostra che c’è un sistema di codificazione e che esso è “logico”. Tuttavia questo sistema ha un autore e quindi si può pensare che un altro individuo avrebbe potuto definire il sistema in maniera diversa. Scoprire quali sono gli insiemi di regole messi in campo da individui o gruppi di individui diversi e le eventuali ridondanze di questi processi rimane l’orizzonte della ricerca.
Mi sono reso conto che il testo di questo articolo è già piuttosto lungo per cui rimando ad un prossimo scritto l’esame degli altri Metaloghi nonché la trattazione degli altri argomenti ho dichiarato all’inizio di voler affrontare.
Pubblicherò presto anche i seguenti articoli:
Le transazioni dell’ovvio.
L’errore di Damasio (inerente alle tesi di René Descartes)
Vaucanson (gli automi “viventi”), Garrik (… il paradosso sull’attore), le emozioni e i sentimenti.